Sindrome da fatica cronica e fibromialgia: cosa sono?

Scarsamente conosciute, generalmente sottovalutate, ma fortemente debilitanti, la Sindrome da Fatica Cronica e la Fibromialgia vengono anche molto spesso confuse, rendendo difficili le cure e la vita di chi ne soffre. 

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Cerchiamo di fare chiarezza trattando le differenze tra le due malattie e cercando di renderle meno sovrapponibili.

Focus sulle patologie

 La Sindrome da Fatica Cronica (CFS), è definita dalla presenza di fatica cronica persistente per almeno sei mesi, non alleviata dal riposo, ma che si esacerba con piccoli sforzi e che provoca una sostanziale riduzione dei livelli precedenti delle attività occupazionali, sociali o personali. Inoltre, devono essere presenti quattro o più dei seguenti sintomi, anche questi per almeno sei mesi:

  • disturbi della memoria e della concentrazione così severi da ridurre sostanzialmente i livelli precedenti delle attività occupazionali e personali;
  • faringite;
  • dolori delle ghiandole linfonodali cervicali e ascellari;
  • dolori muscolari e delle articolazioni senza infiammazione o rigonfiamento delle stesse;
  • cefalea di un tipo diverso da quella eventualmente presente in passato;
  • sonno non ristoratore;
  • debolezza post esercizio fisico che perdura per almeno 24 ore.

Ovviamente devono essere escluse tutte le condizioni mediche che possono giustificare i sintomi del paziente, quali infezioni croniche, ipotiroidismo, disfunzioni dell’ipofisi, epatite B o C , tumori, depressione maggiore, schizofrenia, demenza, abuso di sostanze alcoliche ed obesità. Spesso i pazienti hanno una sintomatologia tipica di un’influenza cronica che dura per anni.

Purtroppo per ora non vi è alcun farmaco in grado di guarire definitivamente la malattia, anche se spesso si possono trarre benefici da interventi farmacologici (antivirali, corticosteroidei, immunomodulatori, integratori ecc.), e da modifiche dello stile di vita.

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La Fibromialgia, è una malattia reumatica che può essere molto severa, la cui diagnosi si basa su criteri clinici classificativi stabiliti dall’American College of Rheumatology (ACR). Si tratta di un disturbo caratterizzato da dolore muscolo-scheletrico diffuso a tutti i quadranti del corpo, sensazione di rigidità muscolare, di parestesie (formicolii localizzati o diffusi in determinate regioni del corpo), disturbi del sonno, intolleranza allo sforzo fisico, facile stanchezza e tipica dolorabilità in determinati punti miofasciali (inserzioni muscolo-tendinee), definiti come tender-points. La malattia colpisce prevalentemente il sesso femminile (rapporto femmine: maschi = 9:1), l’età di insorgenza varia dai 30 ai 40 anni, talora con incremento dei casi verso l’età avanzata.

La Fibromialgia in Italia mette in ginocchio circa 1 milione e mezzo di persone e la principale difficoltà è giungere alla diagnosi.  La non completa conoscenza dei meccanismi alla base dello sviluppo della SF e la modesta efficacia dei trattamenti contro il dolore cronico, rendono la strategia terapeutica una continua sfida per il clinico che deve “cucire” una strategia multidisciplinare fatta di farmaci, approccio psicologico e fisioterapico personalizzata per ogni singolo paziente. Le ultime ricerche sull’origine della malattia sembrano aver fatto passi in avanti, stabilendo la possibilità nuovi e più efficaci approcci terapeutici.