Rosmarino: scoperte proprietà antitumorali

Presente in tutte le cucine italiane per le note aromatiche sprigionate dai suoi rametti, utilizzati per dare quel tocco in più a carni, pesci e verdure, il rosmarino, da tempo al centro di alcuni studi per le attività benefiche dimostrate da alcuni suoi componenti, vede oggi confermare anche importanti proprietà antitumorali.

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Il rosmarino è una pianta officinale che cresce in grandi cespugli e presenta dei bellissimi fiori lilla. Questa erba aromatica è ricca di proprietà benefiche per il corpo. Ha un effetto tonificante, migliora la circolazione e rallenta l’invecchiamento.

Proprietà benefiche del rosmarino

Il rosmarino stimola la circolazione e contrasta i radicali liberi, andando a rallentare l’invecchiamento cellulare. Ha funzione cicatrizzante, migliora la salute dei capelli. Migliora la respirazione, favorisce la memoria e ha un effetto positivo sull’umore. Una nuova ricerca ha trovato anche un’altra proprietà benefica di questa erba aromatica.

Rosmarino per contrastare le cellule tumorali

I primi a verificarne gli effetti su cellule tumorali in cultura di glioblastoma multiforme, tra i tumori cerebrali più aggressivi e con una sopravvivenza media tra le più basse, sono i ricercatori del dipartimento di Farmacia dell’Università di Pisa, in particolare del gruppo biochimica della professoressa Claudia Martini in collaborazione con quello di fitochimica della professoressa Alessandra Braca.

Grazie allo studio, appena pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica The International Journal of Biochemistry & Cell Biology, gli esperti hanno osservato come alcuni dei componenti della pianta possano essere sfruttati in qualità di adiuvanti nelle tradizionali terapie anticancro. Specialmente il carnosolo, presente oltre che nel rosmarino, anche in altre spezie utilizzate dalla dieta mediterranea quali la salvia.

Funzionamento del carnosolo

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La sua attività sarebbe in grado di riattivare la proteina p53, un soppressore tumorale considerato uno dei più importanti fattori per il controllo dello sviluppo e della progressione della malattia, che risulta inattivo nel 50% dei tumori umani.

La scoperta è di grande rilevanza perché, come ha dichiarato Chiara Giacomelli (prima autrice dello studio):

“può aprire allo studio di molecole con un impatto importante e concreto a livello nutraceutico e farmaceutico”.