Disturbo post-traumatico da stress: sintomi e terapia

Come liberarsi dai ricordi dolorosi e a volte drammatici che affollano la nostra mente e condizionano i nostri comportamenti. Esiste una vera e propria sindrome legata ai ricordi traumatici, che va gestita e affrontata con l’aiuto di un terapista specializzato.

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La strage alle torri gemelle di New York, lo tsunami alle Maldive, il terremoto a L’Aquila. Tre accadimenti drammatici avvenuti in tre luoghi diversi del mondo, ma con un problema psicologico in comune: il Disturbo Post-traumatico da Stress. Ovvero, una serie di sintomi che si allargano come una chiazza d’olio interessando non soltanto i sopravvissuti, ma anche tutti i familiari e gli amici, che vivono la disgrazia in una sorta di coralità.

I sintomi classici

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“I segni più caratteristici sono l’ansia, l’insonnia e, quando si dorme, il sonno disturbato da continui incubi”, spiega il professor Eugenio Aguglia, direttore della clinica psichiatrica dell’Università di Catania e presidente eletto della Società Italiana di Psichiatria. “La vittima dell’incidente in particolare continua a rivivere l’incidente nei sogni, in flashback e ogni giorno si crea una ricorrenza: può essere, per esempio, l’orario dell’evento, per rivivere con minuzia di particolari ciò che è avvenuto. In genere però questa situazione pian piano si risolve da sé e lentamente, nell’arco di qualche settimana, la mente comincia a guarire e i ricordi diventano meno assillanti e dolorosi”.

La terapia cognitivo-comportamentale

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La cura inizia in genere nei primi giorni successivi al trauma e consiste in una terapia cognitivo-comportamentale. L’obiettivo è quello di aiutare a elaborare la tragedia e a “incanalare” le emozioni, in modo da arrivare lentamente a non soffrire più. Di solito viene effettuata direttamente “sul posto” da un’équipe di psicologi specializzati negli interventi immediati. Nonostante la terapia, in alcuni soggetti però il trauma psicologico può persistere o addirittura peggiorare trasformandosi in cronico e i disturbi possono diventare una parte rilevante della vita.

Anziani e bambini: le due categorie più fragili

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Dal punto di vista psicologico, le due categorie più a rischio sono soprattutto i bambini e gli anziani.

“Le strategie da adottare in questi casi vengono pianificate individualmente”, spiega il professor Aguglia. “Nel caso dei bambini per esempio si continua con la psicoterapia, che viene praticata anche sui genitori e sugli insegnanti, in modo da creare una vera e propria rete attorno al piccolo, per aiutarlo nella guarigione. È un lavoro da portare avanti con delicatezza, ma senza perdere tempo. Ci sono studi che, nei bimbi vittime di traumi importanti, hanno evidenziato il pericolo di un ritardo nello sviluppo fisico e cognitivo, difficile da recuperare se non si interviene subito.”