Antibiotico-resistenza: cos’è e da cosa dipende

Arianna Preciballe
  • Appassionata di Gossip e Tv
  • Laureata presso il NID - Nuovo Istituto Design

Con la collaborazione del Professor Giancarlo Ferretti, infettivologo del Policlinico Umberto I di Roma, parliamo di antibiotici e di come agiscono questi medicinali che, a volte, non funzionano per tutti. Scopriamo insieme di più con le parole dell’esperto.

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Scarsa igiene, blocco del turn over e allergie. Sono solo alcune delle ragioni dell’antibiotico-resistenza, vale a dire l’inefficacia dei farmaci, e la proliferazione delle infezioni (ospedaliere e non) giunte a livelli preoccupanti in Italia.

In base a uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità, all’interno di un progetto di sorveglianza europea della Ears-Net, il nostro Paese è fra quelli del Vecchio Continente a soffrire maggiormente nella guerra contro i batteri.

Secondo il rapporto che monitora le strutture sanitarie italiane, negli ultimi quattro anni sarebbe aumentata in particolare la resistenza di due batteri: Escherichia coli e Klebsiella pneumoniae.

Entrambi sono la causa di sepsi (setticemia) e infezioni urinarie che colpiscono gli immunodepressi, ovvero una sempre maggiore quota della popolazione, composta non solo da malati di HIV o trapiantati d’organo ma anche da anziani, diabetici, insufficienti renali, obesi e anoressici.

Negli altri paesi dell’UE gli immunodepressi sono allo stesso modo presenti. Del resto, le aspettative di vita si sono allungate ovunque, così come le innovazioni tecnologiche e chirurgiche hanno permesso di inseguire una speranza ai malati più gravi che prima non l’avevano.

Ma in Italia, gli antibiotici usati per contrastare l’insorgere delle infezioni si scontrano con una più alta resistenza e i rischi non sono pochi perché le conseguenze possono essere anche letali.

Perché un farmaco è inefficiente 

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“Le ragioni dell’inefficacia delle cure antibiotiche sono molteplici. Ma si tratta essenzialmente di un combinato disposto: carenza di infermieri a causa dei tagli alla sanità pubblica e uso smodato della prescrizione di antibiotici”.

spiega il dottor Giancarlo Ferretti, infettivologo del Policlinico Umberto I di Roma.

Cosa c’entrano gli infermieri nella lotta alle infezioni? Oggi il personale infermieristico in forza negli ospedali è insufficiente per gestire i pazienti che necessiterebbero di un’attenzione maggiore nell’igiene quotidiana o nel monitoraggio degli ausili (vedi il catetere urinario).

Si calcola che per ogni paziente, gli infermieri dovrebbero dedicare almeno 40 minuti al giorno per la pulizia ma se in un reparto i camici bianchi sono solo 2 o 3, il tempo dedicato scende necessariamente.

Su questo piano sono gli anziani a essere più fragili: sia per il debole sistema di autodifesa sia per l’esistenza di malattie pregresse.

Ma è l’abuso di antibiotici fin dall’infanzia il fattore che più preoccupa i sanitari di tutta Europa. I batteri stanno sviluppando infatti la propria resistenza battendo sui tempi la ricerca di nuovi farmaci. Una battaglia che soprattutto in Italia non può essere combattuta con una prescrizione smodata.