Fumo, bronchite cronica e BPCO: legame con deficit cognitivo

Anna Vitale
  • Laureata in Scienze della Comunicazione digitale e d’impresa
  • Responsabile di redazione
10/03/2021

Di recente è stata dimostrata la relazione tra le malattie respiratorie croniche e il deficit cognitivo. A confermarlo è stato uno studio italiano presentato da poco; scopriamo insieme tutti ciò che emerso dalle nuove scoperte scientifiche.
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Dimostrata la stretta correlazione tra malattie respiratorie croniche e deficit cognitivo grazie a un inedito studio italiano presentato in anteprima al Respiration Day 2014 convegno patrocinato da Chiesi Foundation svoltosi a Parma.

Lo studio dal titolo “Cognition and chronic airway flow limitation”, che a breve verrà pubblicato sull’International Journal of Chronic Obstructive Pulmonary Disease è stato condotto dal team di ricercatori guidati dal professor Roberto Dal Negro, del Centro Nazionale Studi di Farmacoeconomia e Farmacoepidemiologia Respiratoria (CESFAR) di Verona, e ha indagato la prevalenza e l’entità del deficit  cognitivo in pazienti affetti da patologia cronica delle vie aeree di diversa gravità.

Il Prof. Roberto Dal Negro illustra:

“Dalla ricerca è emerso che, rispetto alla gravità del disturbo respiratorio, il decadimento delle capacità cognitive si aggrava al peggiorare della condizione clinica, per cui il deficit cognitivo è risultato maggiore nei pazienti con BPCO; (presenza di deficit cognitivo conclamato in oltre il 45% dei casi) rispetto al gruppo con bronchite cronica (circa nel 30%) e, infine, rispetto ai fumatori asintomatici (ove un deficit cognitivo è già presente in oltre il 2% dei casi). I risultati hanno inoltre evidenziato che il danno cognitivo, oltre a essere proporzionale per frequenza e gravità all’entità della patologia respiratoria cronica, peggiora con l’avanzare dell’età del soggetto. Ne risulta quindi che, ad esempio, perfino un ottantenne fumatore è più deficitario, a livello cognitivo, di un ottantenne sano. Il fenomeno è ancora più clamoroso se si confrontano pazienti 50enni: i pazienti 50enni esprimono una compromissione delle facoltà cognitive peggiore di quella manifestata dai soggetti sani 70enni”.

La speranza dichiara il Prof. Roberto Dal Negro:

“È auspicabile che la valutazione del potere cognitivo del paziente con patologia cronica (soprattutto ostruttiva) delle vie aeree entri a far parte della routine diagnostica di questo genere di pazienti. Questo ci permetterà di definire le strategie di intervento più adeguate, calibrate anche sulle potenzialità cognitive del paziente”.

Lo studio “Cognition and chronic airway flow limitation 

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Lo studio, che ha coinvolto oltre 400 soggetti per 24 mesi, è il primo nel suo genere in quanto, per misurare; il deficit cognitivo, sono stati impiegati negli stessi soggetti ben quattro test psicometrici a diverso potere informativo quali MMSE, TMT A, TMT B e il Clock test, che hanno permesso di valutare differenti dimensioni cognitive, come memoria, attenzione, rappresentazione simbolica, orientamento temporo-spaziale e capacità di calcolo.

Inoltre, il range anagrafico dei pazienti coinvolti, suddiviso per decadi di età, è molto più ampio di qualsiasi altro studio mai pubblicato perché comprende anche soggetti con meno di 40 anni e ultra ottantenni.

I pazienti coinvolti sono stati suddivisi in gruppi per fenotipo patologico – pazienti con BPCO, affetti da bronchite cronica e fumatori asintomatici – di cui è stata valutata, grazie a diversi indicatori; (indice di massa corporea, abitudine al fumo, volume respiratorio massimo espirato in un secondo o FEV1, pressione parziale arteriosa di ossigeno e anidride carbonica nel sangue arterioso, ecc.), la gravità della disfunzione respiratoria cronica.

I risultati, incrociati con quelli psicometrici, sono poi stati confrontati sia tra i gruppi distinti per patologia, sia rispetto a soggetti sani loro coetanei.