Capelli bianchi: fattore genetico o stress?
Finora si pensava che potessero essere stress, stile di vita, e altri fattori la causa dell’insorgere dei capelli bianchi nelle donne. Ora, una nuova ricerca condotta da Unilever, dimostra che si tratta quasi esclusivamente di un fattore genetico, influenzato, minimamente, dai prodotti chimici utilizzati nel tempo sulla chioma.
Gli scienziati hanno esaminato 264 coppie di gemelle, tra omozigote ed eterozigote: 102 di origine danese, di età compresa tra 59 e 81 anni e 162 di origine inglese tra i 45 e i 75.
I dati hanno messo in evidenza poca differenza, quasi nulla, nell’imbiancamento dei capelli delle gemelle identiche, che posseggono gli stessi geni, mentre tra le gemelle eterozigote che hanno in comune solo la metà dei geni, pari a quelli che hanno in comune due fratelli ‘normali’, è emerso negli anni un differente incanutimento.
Capelli bianchi: sta tutto nei geni
Una differenza non di poco conto, spiegano gli studiosi, che indica l’importanza dei fattori genetici, a prescindere dallo stile vita e dai fattori ambientali. Ancora da capire come mai il grigiore dei capelli si manifesti con diverse sfumature di grigio e se questo particolare è anche da ricondurre prettamente a un fattore genetico.
L’incanutimento dipende dall’acqua ossigenata, prodotta dai follicoli piliferi che diventano vecchi, in giovane età l’acqua ossigenata prodotta viene bloccata dall’enzima catalasi, tale enzima sfiorisce con l’avanzamento dell’età, lasciando strada libero al processo si sbiancamento.
“Tale scoperta apre nuove finestre sulla prevenzione e sulle possibilità di inversione del processo di invecchiamento”
ha dichiarato Gerald Weissmann, biologo e direttore del Faseb Journal.
Secondo gli esperti può essere molto utile assumere anti-ossidanti naturali, nella fattispecie la L-mietonina, un amminoacido essenziale che potrebbe essere la cura per la decolorazione; si trova già in alcuni integratori vitaminici e viene usata contro i capelli fragili.
Gli alimenti che ne contengono di più sono i semi di sesamo, la soia, le noci, il pesce, gli spinaci e le patate, ma è presente anche nei latticini e nei loro derivati. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica Plos One.