Alzheimer: quali sono le cause e chi sono i soggetti a rischio
L’Alzheimer è una malattia neurodegenerativa che si instaura prevalentemente negli ultrasessantacinquenni. La patologia, chiamata anche ‘la malattia della mente smarrita’, è sempre più diffusa in Italia. Essa non fa distinzioni di etnia, sesso e classe sociale
Sono veramente allarmanti gli ultimi dati sulla diffusione della malattia di Alzheimer: novecentomila casi nel nostro Paese, con 80 mila nuovi malati ogni anno e con la previsione di veder raddoppiare questi numeri nei prossimi vent’anni.
Chiamata anche la ‘malattia della mente smarrita’, è un processo degenerativo che colpisce le cellule nervose cerebrali, in particolare di quelle zone del cervello, come l’ippocampo e la corteccia cerebrale, che governano memoria, linguaggio, percezione e cognizione spaziale.
I danni che i neuroni di queste zone subiscono sono tali che si verifica gradualmente la perdita della memoria e delle capacità di ragionamento, di pensiero e di linguaggio.
Chi ne soffre non è più in grado di svolgere le più comuni attività quotidiane come vestirsi, lavarsi, parlare e neppure di riconoscere i propri cari.
La malattia colpisce in particolare gli ultra-sessantacinquenni, con un’incidenza di un italiano su venti, ma può manifestarsi anche prima, sebbene più raramente.
Alzheimer: soggetti a rischio, la ricerca
L’Alzheimer colpisce senza distinzioni di gruppo etnico, di classe sociale e di sesso, anche se è leggermente più diffusa fra le donne.
“La malattia è provocata da una distruzione dei neuroni cerebrali dovuta principalmente alla proteina beta-amiloide (A-beta) che si deposita tra i neuroni causando dei grovigli e delle placche che portano alla morte dei neuroni stessi”
spiega Alessandro Padovani, Professore di Neurologia della Clinica Neurologica dell’Università di Brescia.
“Questa proteina viene prodotta normalmente dai neuroni cerebrali: in determinate concentrazioni serve a regolare la trasmissione delle informazioni fra le cellule cerebrali e interviene nei processi di memorizzazione. Ma per qualche ragione che non sappiamo, a un certo punto l’equilibrio tra la sua produzione e la sua eliminazione si altera provocando un aumento patologico della sua concentrazione, tale da indurre tossicità per il neurone stesso ed ecco che ha inizio la malattia”.