Terapia per bimbi emofilici: come funziona?
Per i bambini affetti da emofilia una delle complicanze più gravi è rappresentata dai sanguinamenti spontanei a livello delle articolazioni, dei muscoli e dei tessuti. Se, però, tali emorragie non si verificano, lo stato di salute di questi piccoli pazienti è paragonabile a quello dei loro coetanei sani. Ecco allora come evitarle.
I dati di una nuova ricerca internazionale presentata al Congresso europeo sull’emofilia in corso a Varsavia dimostrano quanto è essenziale raggiungere il livello “zero emorragie” . Tutti i pazienti arruolati nello studio, infatti, sono riusciti a raggiungere questo risultato ricevendo un approccio terapeutico di tipo preventivo (profilassi) il cui obiettivo è appunto quello di evitare gli episodi emorragici.
Tali sanguinamenti ripetuti possono, infatti, causare anche danni permanenti, oltre a dolore, immobilità e perdita di giorni di scuola. Se poi le emorragie si verificano a livello cerebrale possono anche essere potenzialmente mortali.
Emorragie: come evitarle
A fronte di ciò, affermano gli esperti, registrare il tasso annuale di sanguinamento ABR, ossia il numero di emorragie che un paziente ha nel corso dell’anno, può aiutare medici e pazienti a prevenire o eliminare gli episodi di emorragia.
L’ABR, sottolinea Elena Santagostino, responsabile del centro emofilia e trombosi Angelo Bianchi Bonomi di Milano,
”rappresenta uno strumento chiave di valutazione affinché l’efficacia della cura sia adattata ai bisogni di ogni singolo malato. Ma è una sfida da vincere, poiché molti pazienti non registrano il loro ABR e non sono informati sul fatto che un regime terapeutico personalizzato può aiutarli ad eliminare le emorragie”.
Lo studio presentato al congresso è stato condotto in 10 paesi coinvolgendo 470 pazienti al di sotto dei 18 anni: il 96% di loro ha riportato appunto “zero emorragie” ricevendo il trattamento preventivo.
E sempre sul fronte della personalizzazione delle cure, un altro studio recente, ricordano gli esperti, ha dimostrato che un utilizzo del fattore VIII di terza generazione (somministrato agli emofilici in quanto mancante), adattato sul profilo del singolo paziente, non solo può garantire lo stesso livello di efficacia della terapia standard ma ha anche il vantaggio di ridurre il numero di infusioni settimanali.