Amniocentesi: cos’è e a cosa serve

Caterina Mora
  • Dott. in Biologia della nutrizione

A cosa serve l’amniocentesi? In che epoca gestazionale va effettuata e quali sono i rischi che si corrono effettuandola? Ce lo spiega il dottor Pietro Cignini, specialista in Ginecologie e Ostetricia

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A cura del dottor Pietro Cignini, specialista in Ginecologia e Ostetricia, ex consulente del centro ALTAMEDICA ARTEMISIA di Roma

L’amniocentesi è stata introdotta per la prima volta nella pratica clinica nel 1966. Si tratta di un esame al quale si sottopone una donna tra le 16 e le 18 settimane di gestazione e consiste nel prelievo di liquido amniotico dalla cavità uterina, con la continua e diretta osservazione ecografica.

Nel buon risultato dell’esame è fondamentale l’esperienza del medico che la esegue. È bene, inoltre, sottolineare che esiste una naturale tendenza all’aborto tra la 16° e la 24° settimana di gestazione.

Come poter contrastare l’aborto in seguito all’amniocentesi?

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Proprio per questi motivi e per la difficoltà di cercare di capire come questi fattori agiscono è stato ideato l’APGA TRIAL, studio completamente italiano che ha cambiato l’obiettivo della ricerca spostando l’attenzione dal “come questi fattori agiscono” al come poterli contrastare”.

Questo studio clinico (condotto dal 1998 al 2005 su circa 40 mila donne che si sono sottoposte ad amniocentesi presso il Centro di Medicina Materno Fetale Artemisia a Roma), guidato dal professor Claudio Giorlandino, segretario generale della Sidip, la Società Italiana di Diagnosi Prenatale e medicina materno fetale, con il dottor Pietro Cignini è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica ‘Prenatal Diagnosis’ ed è il più grande mai eseguito in tema di diagnosi prenatale.

Che cosa ha dimostrato lo studio?

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L’uso profilattico di antibiotici qualche giorno prima di sottoporsi all’amniocentesi, determina un abbattimento di circa il 90%  del tasso di aborto, passando da 1 aborto ogni 500 donne (0,2%) a 1 aborto ogni 3.400 donne (0,03%) che si sottopongono a questo tipo di esame prenatale.

I risultati di questo studio hanno modificato anche le Linee guida in Diagnosi Prenatale, che oggi definiscono la profilassi antibiotica prima dell’amniocentesi “Raccomandazione A”.

Pertanto, ad oggi, la nuova e accertata percentuale di aborto dopo amniocentesi da comunicare alle donne che vogliano sottoporvisi non è più l’1% ma certamente inferiore allo 0.1%  in chi farà la profilassi antibiotica e 0.2% in chi deciderà di non eseguire la profilassi. Una percentuale molto lontana dall’1% anche in questo secondo caso.

Che cosa possiamo scoprire con l’amniocentesi?

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“Intanto molte delle malattie dei cromosomi,  come la sindrome di Down. E ancora. Migliaia di malattie genetiche ereditarie, quali la fibrosi cistica, la sordità congenita, il ritardo mentale (Sindrome dell’X-FRAGILE) e ancora la Sindrome di Duchenne. L’esame è indicato anche per tutte quelle donne che hanno, in famiglia (o nella famiglia del partner), casi di malattie ereditarie.

Oggi il campo della ricerca ha fatto passi da gigante ed è disponibile “un’amniocentesi più approfondita”, che prende il nome di Amniocentesi Molecolare: permette uno studio del DNA.

Essendo un esame di biologia molecolare indaga contemporaneamente su circa 80 patologie, che nell’amniocentesi tradizionale non potrebbero essere viste. Permette anche di riscontrare un numero elevato di altre diverse anomalie che possono determinare, tra l’altro, gradi diversi di ritardo mentale

spiega il dottor Pietro Cignini.

Le potenzialità delle cellule staminali

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“Sul liquido amniotico si è aperta la nuova frontiera di ricerca inerente le cellule staminali largamente presenti in esso e capaci di dare origine a tutte le linee germinali cellulari di un organismo umano. Peraltro esse non presentando caratteristiche tumorigene, probabilmente oltre che nella produzione di tessuti rigenerativi saranno utili anche per un autotrapianto.”