Abusi sessuali: attenzione ai campanelli d’allarme

Arianna Preciballe
  • Laureata presso il NID - Nuovo Istituto Design

Con la consulenza di Milena Brunetti, psicologa psicoterapeuta, Virginia De Luca e Rossella Pesenti, assistenti sociali, (tutte operatrici del Centro per il Bambino Maltrattato e la Cura della Crisi Familiare di Milano), parliamo di come tutelare i più piccoli, sempre più a rischio per abusi e violenze. 

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Basta seguire la cronaca per saperlo: di solito, chi molesta e maltratta bambini e adolescenti non ha niente a che vedere con l’uomo nero, per intenderci quello che si ha paura di incontrare di notte, per strada.

Nella stragrande maggioranza dei casi, si tratta di persone note e conosciute, spesso molto intime. E, casistica alla mano, di qualsiasi famiglia.

“Abusi e molestie sono fenomeni trasversali nella società. Non ci sono classi sociali, etnie e livelli di istruzione che presentano una maggiore incidenza, né che siano esenti dal rischio”.

dice Rossella Pesenti del Centro per il Bambino Maltrattato e la Cura della Crisi Familiare, realtà nata nel 1984 su iniziativa di un gruppo di psicologi, assistenti sociali e educatori con l’appoggio del Comune di Milano.

“Un fenomeno senza quartiere, insomma, e anche per questo difficile da combattere. Ma da combattere, ovviamente. Una volta di più, cercando di prevenire. In questo caso, la prevenzione si fa sulla famiglia (molestie e abusi avvengono sempre in famiglie disfunzionali, avvertono le esperte del CBM) e sui bambini. Attenzione, però. Non si tratta di fare discorsi generali o di mettere in guardia i più piccoli (si otterrebbe solo l’effetto di spaventarli). Piuttosto, bisogna cercare di “costruire” – e si fa soprattutto con la comunicazione – persone forti e anche per questo capaci, nel caso, di dire no. E di raccontare quello che “non convince”, che sembra “strano” a un adulto fidato, insegnanti compresi”.

L’esempio di mamma e papà

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Tu sbadigli, di conseguenza io sbadiglio, lei sbadiglia, lui sbadiglia. È un caso “limite”, ma che rende bene l’idea di che cosa sia, per l’animale-uomo, l’imitazione. Etologi e antropologi spiegano che si tratta di un meccanismo che ci ha permesso di imparare rapidamente e di creare sintonia tra gli esemplari del branco.

Senza ritornare alla notte dei tempi, il meccanismo è utile per capire come insegnare la comunicazione. Innanzitutto… comunicando! Quindi: cara mamma e caro papà, non dimenticate mai di parlare, raccontare ed esprimervi, voi per primi, con i vostri bambini. Impareranno a farlo anche loro.

Educare per prevenire

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Si fa così: insegnare a comunicare, fin da piccoli. Non si tratta solo di insegnare le buone maniere e l’impegno a scuola. Educare vuol anche dire educare alla parola, all’espressione dei sentimenti. E si inizia a farlo quando i bambini sono piccoli, incoraggiandoli a dire quello che provano, a esprimere pareri, dubbi e sensazioni.

Perché il tutto funzioni, però, è fondamentale seguire poche, semplici regole.

“Innanzitutto, mai criticare. A tutte le età, chi parla deve sentirsi libero di farlo, senza essere giudicato. Un buon metodo è quello di lasciar parlare, liberamente e senza interruzioni. Se qualcosa non è chiaro, si può cercare di approfondire, ma con tatto e sempre con domande aperte”.

Per esempio, va bene: “in che senso?”, “cosa intendi dire con…”. Invece, non va bene “ma allora è stato il nonno?”, oppure “quindi hai fatto così?”. La nostra fretta di sapere, di arrivare a una conclusione, ci porta in questi casi a “estorcere” una risposta. Che però, proprio per il modo in cui viene data, non necessariamente corrisponde alla verità. Un’altra buona regola è quella di evitare le reazioni incredule e spaventate. L’effetto è quello di spaventare anche chi racconta, bloccando il flusso delle parole. Ancora, ricordatevi di dimostrare interesse a quanto accade ai vostri figli nel quotidiano. Senza, perderanno progressivamente la motivazione (e l’abitudine) a raccontare”.

Segnali importanti e segreti “inconfidabili”

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Come fare a capire se ai vostri figli sta accadendo qualcosa di sbagliato? Innanzitutto, tenendo gli occhi ben aperti e prestando attenzione ad alcuni comportamenti e reazioni che sembrano strani e che non hanno precedenti.

Per esempio: un bambino che diventa improvvisamente iperattivo o che fa la pipì a letto tutte le sere; un adolescente che, nello spazio di poche settimane, diventa indolente o lezioso.

Sono segnali che devono far riflettere e far scattare il campanello d’allarme. Se la famiglia è serena, se adulti e bambini hanno imparato per tempo a comunicare, tutto sarà più facile. Basterà ascoltare e chiedere qualcosa, senza insistere. Anzi, tante volte sono le stesse piccole vittime a raccontare spontaneamente gesti e situazioni che li hanno turbati.

“Anche senza aver ricevuto informazioni specifiche, i bambini capiscono che certi comportamenti e certe richieste sono strane, sbagliate. Ne parleranno spontaneamente, quindi, ma solo se con l’esperienza hanno imparato che si può fare, che non succede niente di grave a confidarsi con i genitori”.

dice Milena Brunetti, psicologa e psicoterapeuta presso lo stesso Centro.