Alzheimer: i cibi che riducono i rischi
Piccolissime quantità di rame, circa 1.2mg al giorno, sono fondamentali per lo svolgimento di numerose attività dell’organismo: mineralizzazione delle ossa, formazione del tessuto connettivo, pigmentazione della pelle e dei capelli, trasporto del ferro. E non è tutto: il minerale partecipa anche al processo di coagulazione, di sviluppo e protezione cerebrale, ma in certi casi diventa un nemico del nostro cervello. Vediamo insieme come evitare le spiacevoli conseguenze dell’accumulo di questo elemento.
La Dr.ssa Valentina Schirò, Biologa Nutrizionista, Specialista in Scienza dell’Alimentazione, ci informa che, nonostante i numerosi benefici per l’organismo, quantità di rame superiori a quelle necessarie hanno un effetto tossico, soprattutto a livello cerebrale. Grazie ad un recente studio effettuato presso l’Università di Chicago, si è dimostrato infatti come un’alimentazione caratterizzata da un alto contenuto di rame sembrerebbe favorire la neurodegenerazione cerebrale.
Gli alimenti ricchi di rame
Il rame lo troviamo in abbondanza in frattaglie, crostacei, semi di girasole, funghi secchi, anatra, cacao amaro, pomodori secchi. I ricercatori hanno scoperto che quanti possiedono un’alterazione genetica della capacità di metabolizzare il rame e sono quindi impossibilitati ad eliminarlo dal proprio organismo, hanno una probabilità tre volte superiore, rispetto alla media della popolazione, di sviluppare la patologia degenerativa.
Ecco perché è necessario che la quantità di rame in circolo si mantenga entro giusti livelli. Nel caso in cui questi parametri siano eccessivamente elevati, una dieta specifica può certamente aiutarci.
Rame “buono” e rame “cattivo”
Se una carenza di rame può essere responsabile del deficit di produzione di energia, dell’alterato metabolismo degli zuccheri e del colesterolo, nonché dell’incremento dello stress ossidativo e dell’alterazione del funzionamento delle cellule del sistema immunitario, è pur vero che una sua eccessiva presenza può essere responsabile della comparsa di malattie, tra cui quella di Wilson, di Menke e dell’Alzheimer.
Grazie ad un’approfondita analisi, gli studiosi hanno osservato che ad essere particolarmente nocivo non è tutto il rame che viene assorbito attraverso i cibi e l’acqua, ma il cosiddetto rame “libero”, ovvero quello non legato alla consueta proteina di trasporto (ceruloplasmina) prodotta nel fegato. In particolare è stata evidenziata una correlazione negativa fra la quota di rame libero e il declino cognitivo.
In sostanza, maggiore è la quota di rame non legata alla sua proteina di trasporto, maggiore è il danno cerebrale. In genere l’eccesso di rame viene eliminato tramite le feci, l’urina e la saliva, ma un’alterazione di questi meccanismi potrebbe causare seri danni a livello cerebrale. Il rame libero infatti è capace di svolgere attività ossidativa anche nel cervello, alterando la componente lipidica delle membrane delle cellule nervose.